venerdì 31 agosto 2012

Fluxus - Vita in un pacifico nuovo mondo

Cerca di capire che solo chi ha paura ha in mano una pistola. 






I Fluxus. Se li dovessi classificare in un genere, sarei a metà fra il dire hardcore punk/noise rock/spruzzatina di heavy metal (quello fatto bene) e fare un bel sorriso a chi mi ha chiesto una cosa del genere: i Fluxus sono i Fluxus e basta, vanno ascoltati senza preoccuparsi di definizione come succede per tutte le più grandi creature musicali. Che poi magari decidi che sono in un modo e ti fanno un quarto album ridicolmente diverso dai precedenti (ma sempre bello), eppure non puoi assolutamente sentirti libero di dire "questi non sono loro".

La parte più difficile è stata scegliere di quale dei tre primi album parlare; alla fine ho optato per il primo in ordine cronologico, datato 1994, vita in un pacifico nuovo mondo. Mi piace dare risalto ad opere che non hanno avuto il pubblico che dovrebbe in realtà stare ai loro piedi, ed i Fluxus fanno proprio al caso mio, senza contare che sono senza dubbio una band tra le mie preferite e assolutamente uniche nel loro stile almeno nella mia limitatisssssima biblioteca musicale. Credo che questi tre signori abbiano creato qualcosa di perfetto per quel che ne è uscito fuori (nota bene: ci sono più dischi che sono per me "perfetti", e magari del tutto antipodali a questo): difficile dare una definizione di questa perfezione, ma cerco di spiegarmi dicendo che a mio parere l'album non manca assolutamente di niente alle mie orecchie, non ha bisogno di altro né gli va tolta una briciola.
Vita in un pacifico nuovo mondo è un disco rabbioso, feroce, ai limiti del bestiale: amo questo album proprio perché tocca questo limite, lo sfiora, lo sfiora senza superarlo. Come se stessi per trasformarti in un lupo mannaro, senti il sangue che ribolle, i nervi che si tendono, i muscoli con essi, la mandibola si stringe contro la mascella, ma poi... poi non sei un lupo mannaro. L'animale dalla forza brutale non ha perso il senno, c'è qualcosa che non va: è infinitamente consapevole del dolore e dell'amarezza che prova, del marcio che gli sta intorno. Se ne sta lì a riflettere e vomitare rabbia su se stesso, riservando al mondo una spietata critica, verso il mondo non c'è attiva distruzione ma amaro rifiuto di tutto. Puoi solo non farti usare, non ubbidire. L'ultima traccia, che porta il nome del lavoro, è illuminante: l'imperativo e unica via da seguire è DISERTARE, dissociarsi, concentrarsi attivamente su se stessi per poter distruggere tutto il resto, è una decostruzione cosciente che parte dall'interno di sé. Per un pacifico nuovo mondo.
Non spreco altre parole, i Fluxus con musica e testi (impegnatissimi ed infinitamente evocativi!) sanno difendersi benissimo da soli; probabilmente (spero) a chiunque altro diranno qualcosa di completamente diverso da ciò che ho trovato io in questo splendido, autentico capolavoro. Veri poeti della musica come se ne vedono non pochi, pochissimi. E abbiamo la fortuna di averli tutti per noi nella nostra lingua.

Forse è per tutti questi motivi che il disco si riserva un pubblico di esagerata nicchia per la qualità nettamente superiore alla media del panorama italiano di ogni tempo dalla nascita del rock in poi; è più appagante abbandonarsi ad una sensazione di onnipotenza, di completa e cieca furia, ma sfortunatamente per chi vuole sentirsi un mostro che prende a cannonate ogni cosa che si muova questo non è l'album giusto, decisamente no.

Vorrei sottolineare che eventuali espressioni confuse, poco chiare, ripetitive sono provocate dal mio vergognoso trasporto emotivo verso ogni secondo dell'album (da leggersi velocemente come le pubblicità dei farmaci).
Ultima nota di merito: la produzione è ottima, anche questa perfetta per lo scopo.

mercoledì 22 agosto 2012

Grey Waters - Below the ever setting sun


Avevo già scritto una ventina di righe con paragoni su paragoni con band prolisse e longeve oltre il limite del ridicolo che non hanno più niente da dire alla musica da vent'anni, poi ho pensato: una recensione deve descrivere, rispecchiare l'oggetto recensito. Ci sono band di poche parole, cui basta poco più di venti minuti per dire tutto quello che hanno da dire su un determinato argomento. Tali Grey Waters appartengono alla categoria. Originari dell'Australia, "D." e "Tim" hanno deciso di lasciare un attimo da parte i loro progetti principali (anche insieme) e di dedicarsi a questo piccolo gioiello, Below the ever setting sun (che titolo!!!). Non è nemmeno un album, è un EP di ventuno minuti e trentasette secondi, secondo più secondo meno. Dopo il crack degli Alcest, con quel Souvenirs d'un autre monde che io mi porterei su un'isola deserta, è spuntata la voglia di molti artisti black metal di darsi a fusioni ed esperimenti con shoegaze e atmosfere eteree, il mio parere è che Grey Waters sia un po' influenzato da questa strada ma l'abbia portata avanti per vie originali e molto, molto, molto apprezzabili.
Il tutto si sviluppa in 1+4 canzoni, la prima è l'intro: un pianoforte malinconico prepara a ciò che verrà nei pezzi successivi. Forse tuttavia non prepara abbastanza, non prepara del tutto, ed è per questo che l'impatto con il muro sonoro delle tracce seguenti è ancora più violento e ben riuscito. Perfettamente riuscito: l'intensità è sempre altissima, sicuramente l'esser breve non è che un pregio per questo lavoro. Ditemi come si fa a non trattenere un brivido sul finale dei brani numero 2, 3 ma anche su tutto il resto del disco perché non c'è niente che non mi abbia coinvolto. Certo sicuramente un minimo di Alcest possono averlo, ma quando un duo che ha fatto black metal fino a ieri si cimenta in un lavoro del genere le chitarre si comportano per forza in un certo modo. Ma vi assicuro, below the ever setting sun è un lavoro del tutto genuino.

Qualcuno direbbe "peccato si siano sciolti subito dopo, avrebbero potuto dare molto di più", io invece non sono affatto d'accordo. Dentro quella ventina di minuti ho trovato un piccolo capolavoro che sarebbe solamente stato sminuito da qualunque opera successiva, più bella o più brutta che fosse.

Ci sono band di poche parole, o meglio di pochi minuti; io nonostante il tentativo non lo sono stato nello scrivere. Ma i "wall of sound" hanno troppo potere su di me, soprattutto se sviluppati così bene.



 1. Prelude
 2. Say goodbye
 3. Below the ever setting sun
 4. The truth is in your eyes
 5. Broken



A voi l'ascolto, mi raccomando sempre cuffie di buona qualità.