sabato 15 settembre 2012

Thorns - Thorns


Snorre W. Ruch. Costui è la testa (l'unica) dietro Thorns, band e album in questione. Thorns ha forse più fama per lo split con gli Emperor - magnifico - e Snorre ha forse meno fama per essere colui che a mio parere, con la creatura Stigma Diabolicum, ha insegnato a far black metal un po' a tutti i migliori norvegesi sulla piazza. Snorre è ancora più famoso per essere stato quello accusato di complicità per il delitto compiuto da Vikernes ai danni di Euronymous, visto che l'ha accompagnato con la propria auto nella fuga post-omicidio. Per me è una specie di Paperino della scena black metal che s'è trovato nel posto sbagliato al momento ancora più sbagliato. S'è fatto i suoi anni di prigione tranquillo e poi è uscito tranquillo. Un tipo tranquillo.

Qui mi voglio concentrare sull'ultima pubblicazione di quest'uomo; forse "concentrare", però, non è la parola più adatta. Qui parliamo dell'Universo intero, di tutto ciò che c'è dentro, dietro, davanti, sopra e sotto.
Per quanto riguarda la mia immaginazione, dici Universo e dici Chaos. Un Chaos particolare, regolato da leggi matematiche superiori all'intelletto umano (e per questo appunto, ai miei occhi, caotico): Gesù... che casino!, ci confida lo stesso Snorre. Il nostro compito è dei più comuni e sicuramente il più fallito nella storia dell'essere umano: la ricerca del senso dell'esistenza, dei segreti più intimi del Tutto e del Niente.
Sono un infinitesimo di ciò che esiste, sono infimo rispetto alla totalità, ma disperatamente troppo rispetto al niente.
Turbinii, tempeste, un mastodontico ciclone avvolge tutto e distrugge, crea, distrugge. Tutto va alla velocità della luce, pur con una quasi perversa ricorrenza e ripetitività, tuttavia talmente veemente che l'unica cosa che viene in mente è, appunto, un gran casino. Non bastasse, al grande disegno che allude allo spazio più profondo e da cosa tutto questo è governato, si aggiungono momenti di rallentamento improvviso in cui la ciclicità ci appare chiara come il sole: su questo, il suono delle macchine di una fabbrica è l'immagine perfetta che ci fornisce la musica che stiamo ascoltando.
Ma... ma noi siamo creature figlie della perfezione, parti della divinità, siamo l'élite dell'esistenza! Io sono il Sovrano. E voglio, bramo la conoscenza della logica totale dell'Universo. Voglio sapere chi, che cosa c'è al comando di tutto. Voglio cogliere il senso di questa realtà contorta all'inverosimile e così superarla.
Underneath the Universe (parti I-II) è una delle più intense composizioni mai passate per le mie orecchie e tutte le parole che scrivo e che ho scritto a riguardo possono solo inevitabilmente sminuirla.
Il viaggio di Snorre va oltre l'umana comprensione, oltre le dimensioni sperimentabili fino ad un confronto con nientemeno che Dio, o come lo vogliamo chiamare. E riesce a descrivercelo in musica. Che sia piacevole o meno, liberatorio od opprimente, ma questo dipende da ogni individuo nel proprio intimo. La sete di conoscenza va oltre la paura delle sensazioni che potremmo provare.
Non so se ciò che scopriamo è una vera e propria rivelazione, ma non è questo che conta: conta solo la viscerale necessità che abbiamo di tenere l'Universo in una sola mano. Probabilmente destinati alla continua sensazione di qualcosa di mancante... possiamo forse scoprire, ma non possiamo essere.


My eye is the vortex from which nothing escapes
I am dematerialization of the self
I am the axis in the wheel of reincarnation
The endless singularity

I turn the spirals of existence

I am the slowing pace of life
I am the pulse of creation,
of inevitability and destruction

I balance the shifting tides of life

Everything must return to me

I am the beginning

and I am the end